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Marketing agroalimentare, sensi e sensazioni: il sensory branding nel settore food.

Marketing agroalimentare, sensi e sensazioni: il sensory branding nel settore food.

In un mercato come quello italiano, dove sono tante le imprese che mantengono alta la nostra reputazione gastronomica e si danno battaglia a colpi di food, non bastano più dei buoni ingredienti per prevalere. Né si deve percorrere la strada degli sconti, che alla lunga deprezzano il duro lavoro degli chef e di tutta la filiera alimentare alle spalle del prodotto finale. L’eccellenza gastronomica non va svenduta, va anzi valorizzata e resa un’esperienza emozionale e sensoriale per il cliente.
Ed è qui che il marketing agroalimentare scende in campo con il sensory branding (in italiano branding sensoriale), che aggiunge a un brand alimentare quel “quid” emotivo in più che gli fa aumentare le vendite. Il sensory branding è una strategia che si gioca tutta sui cinque sensi del cliente. Vista, gusto, olfatto, tatto e udito del cliente sono i nostri veri destinatari, i canali attraverso cui il cliente sceglie un brand alimentare piuttosto che un altro.
Un noto caso di sensory branding attuato in campo food è quello delle uova. Pochi di noi sanno che le uova in natura sono in realtà bianche, e che il color “terra di Siena” con cui le vediamo al supermercato è in realtà un “trucchetto” per renderle più rustiche e invitanti all’occhio del cliente, così come i loro tuorli gialli invece che arancioni. Stesso discorso vale per le mele, la cui buccia lucida è frutto di agenti chimici per deliziare il tatto e la vista del cliente.
In ambito food non ci dilungheremo ovviamente sull’importanza dell’udito bensì sull’olfatto, che associato alla vista è uno dei sensi più primordiali a spingerci all’acquisto (si pensi a quando nel reparto frutta dei supermercati annusiamo le pesche prima di metterle nel carrello). Ciò era noto anche alla saggezza dei fornai, che cospargono i loro esercizi del profumo del pane riscaldato e a Nescafé, le cui confezioni sono pregne della fragranza del caffè.
Ultimo ma non meno importante è il senso del gusto, su cui le imprese alimentari italiane hanno fin troppo da insegnare al resto del mondo. Gli esempi di sensory branding che fanno leva sul gusto sarebbero anche troppi da elencare, basti ricordare gli stand di degustazione dell’impresa dolciaria Venchi e i pop-up cafè di Pantone, che pur da non-impresa alimentare ha voluto puntare sul gusto.
Questi e altri casi mostrano come il sensory branding, applicato al settore food, superi gli steccati del marketing tradizionale e renda le imprese dei veri e propri paradisi sensoriali che attirano clienti e fatturato.

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